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Un padre e sua figlia abitano le stanze dell’infanzia: l’infanzia di lei e l’infanzia magica del
racconto di Pinocchio, il film al quale sta lavorando lui. Il padre racconta alla figlia del suo
lavoro e la ascolta, la osserva, le parla con serietà, compostezza, rispetto, come si
parlerebbe non a un’adulta ma a una persona intera sì, la persona che è una bambina. La
bambina visita i set del padre, in cui pulsa la vita, il chiasso, l’umanità, il lavoro, l’affanno,
l’infatuazione, la magia e il sudore. E lei si perde in quei mondi.
La figlia diventa una ragazza, svanisce, la figlia lo sente, capisce che il cambiamento è
irreparabile. Pensa che non sarà mai alla sua altezza e precipita apposta per non esserlo
davvero. La figlia si droga. Il padre all’inizio è disarmato, poi prende posizione e decide che
non farà finta di niente. Smaschera la figlia, si affaccia su quell’abisso, con poche parole e
molta presenza la porta via con sé, a Parigi. |